I sotterranei di Santa Maria Maggiore. L’ombra della Sacra Inquisizione a Trieste

Nel centro di Trieste, alla sommità di una grande scalinata, si erge la seicentesca chiesa di Santa Maria Maggiore. Edificio di culto molto caro ai triestini, anche per la sua tradizione devozionale legata alla Madonna della Salute, si trova accanto al celebre collegio gesuitico, divenuto nel corso dei secoli dapprima una scuola nautica dell’impero austro ungarico, poi un carcere criminale austriaco ed infine un carcere femminile italiano.

Il santuario, unico nel suo genere, ricco di fascino e raro esempio di struttura barocca a Trieste, è molto conosciuto e non solo per le sue caratteristiche architettoniche ma anche per l’atmosfera di sottile mistero che l’accompagna. Sono soprattutto gli ambienti sottostanti la chiesa, i cosiddetti “sotterranei dei Gesuiti”, ad aver da lungo tempo attirato l’attenzione di studiosi, storici ed appassionati del mistero per i presunti legami con il Tribunale dell’Inquisizione.

All’interno dei labirintici sotterranei, infatti, sono state rinvenute delle nicchie provviste di un arpione metallico infisso nella parete e perciò la tradizione locale ha immaginato che sarebbero potute servire per trattenere in catene i prigionieri in attesa di giudizio.

La cosiddetta Camera rossa, uno dei vani più grandi presenti nel sottosuolo, è stata raffigurata nelle leggende urbane come il luogo scelto dal giudice inquisitore, avvolto nel suo manto scarlatto, per effettuare l’interrogatorio. Dato che la Sacra Inquisizione aveva lo scopo di indagare su persone sospettate di eresia, veniva utilizzato il metodo della tortura; questa poteva prendere la forma di un pozzo circolare, scavato nella roccia e profondo 6 metri, denominato Pozzo delle anime, che le dicerie del tempo hanno associato all’immagine degli inquisiti immersi a capofitto nell’acqua.

Possiamo prevedere che tante suggestioni possano essere nate in seguito alle caratteristiche del luogo, scuro ed angusto, dove sicuramente sono stati rinvenuti resti umani, vista l’arcana usanza di seppellire i defunti sotto le chiese. Nulla di certo è mai stato provato. Vero è che per lungo tempo questi luoghi sono rimasti inaccessibili alla gente comune e pertanto è stato molto difficile separare la leggenda dalla verità storica.

L’itinerario sotterraneo è stato allestito solo dal 2006, dopo una lunga opera di pulizia e consolidamento voluta dal parroco don Nino Angeli e realizzata dai volontari della Sezione di Speleologia Urbana della Società Adriatica di Speleologia.

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