Sul finire dell’Ottocento le forti disuguaglianze sociali legate allo sviluppo mercantile triestino e le nuove idee sull’istruzione immaginate dall’impero austroungarico, fecero nascere a Trieste i ricreatori, luoghi destinati ad accogliere ed educare quei ragazzi che vivevano sulla strada ed erano a forte rischio di devianza. La novità del progetto consisteva nella laicità dell’insegnamento praticato, privo di qualsiasi influenza religiosa. Gli educatori non erano sacerdoti ma maestri elementari. Non era prevista un’aula per il catechismo, come negli oratori, ma il campo di pallacanestro o di calcio, un giardino alberato dover poter giocare anche nei mesi estivi, una saletta per i compiti, una stanza della musica e talvolta anche un teatrino. Tra divertimento e disciplina, la parola d’ordine in questi luoghi era l’assenza di divisioni etniche, linguistiche e tanto meno, religiose. Tutti uniti dai giochi, dallo sport, dallo studio, dalle attività musicali e teatrali, in un clima festoso, ma anche rispettoso.
I ricreatori, dislocati nei diversi rioni cittadini, hanno contribuito alla conoscenza da parte di bambini e adolescenti della propria città natale. Il De Amicis a San Vito, il Pitteri a San Giacomo, il Lucchini a San Luigi, il Gentilli a Servola, il Cobolli a Valmaura, il Padovan in Barriera Vecchia, il Nordio a San Giovanni, il Brunner a Roiano, lo Stuparich a Barcola, il Ricceri a Borgo San Sergio, il Fonda Savio ad Opicina ed il Toti a San Giusto stimolavano, organizzando tornei sportivi tra diverse appartenenze, un sano campanilismo, paragonabile a quello che ancor oggi contraddistingue le contrade nel Palio di Siena.
Queste realtà, esistenti ancor oggi e a cui si è aggiunto nel 1987 il ricreatorio di Rozzol Melara, sono state estremamente utili per aiutare a comprendere il vero spirito triestino e la mentalità aperta degli abitanti di questa città. Un’educazione fuori da ogni influenza ecclesiastica e politica, non può che generare una visione aperta alla vita e libera da pregiudizi. Al pari di quanto i ragazzi fossero molto legati alla rionalità dei ricreatori, così i genitori, soprattutto i padri, erano legati alle osterie sotto casa.
Osterie e ricreatori a Trieste sono sempre state due risposte simili ai bisogni di socializzazione, con un’unica variante, l’età!! In origine la funzione principale delle osterie era l’ospitalità, soprattutto dei viaggiatori e sorgeva nei luoghi di passaggio, crocevia di viandanti. Era un luogo dove si serviva principalmente vino, il cui profumo saliva dal legno dei tavoli, impregnati ormai dall’alcolica bevanda. Con il passare dei decenni le osterie hanno assunto un ruolo sempre più importante nella vita e nelle relazioni sociali delle comunità, fino ad arrivare ai giorni nostri. In un ambiente tra il rustico e lo spartano, erano una via di mezzo tra un circolo e un dopolavoro, frequentate sempre dalle stesse persone, che si conoscevano e si davano appuntamento, tacitamente, per una chiacchierata. Dopo una dura giornata di lavoro, per un paio d’ore prima di cena, vi si discutevano questioni sia personali che collettive, tra una partita di carte o di bocce. Molteplici erano le estrazioni sociali degli uomini che si potevano incontrare in osteria, ma predominavano le classi popolari.
Le vecchie trattorie per i triestini non sono mai state viste come tane di alcolizzati, vi si potevano assaggiare le vere specialità culinarie, come il “cotto in crosta”, il posteriore del maiale cotto in una camicia di pane, formaggi, qualche piatto casalingo, buono appena fatto ma ancora più buono riscaldato, come i nervetti in gelatina o banalmente le uova sode, rigorosamente fresche di giornata! L’atmosfera era molto particolare, anarchica e libertaria, divertente e scherzosa. In tempi in cui mancavano le tv, i computer, gli stereo, le radio e gli smartphone, si ovviava alla noia nel tempo libero, prendendo a pretesto qualsiasi cosa potesse garantire anche un minimo momento di sana, autentica allegria, quasi a voler dare sprazzi di vita a un’esistenza grama. Oppure come a voler tornare ragazzi, dimenticando ogni stanchezza e ogni problema, rincorrendo sudati un pallone, magari nel campetto cementato di un ricreatorio.
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