Bominaco, tra affreschi e misteri, un’oasi di pace tra le montagne abruzzesi.

Attratti dal cosiddetto turismo religioso, i visitatori arrivano a Bominaco, un piccolo paesino abruzzese che conta poco più di una cinquantina d’anime, alla ricerca di quella che è stata definita da Vittorio Sgarbi la “cappella Sistina d’Abruzzo “.

Per arrivare fino qui bisogna compiere una deviazione dalle strade a scorrimento veloce ed immergersi nell’altopiano di Navelli, terra del pregiatissimo zafferano abruzzese e patria dell’arcaica transumanza. Dove la strada che si arrampica tra i boschi termina, in mezzo ad un pugno di case, più di sette secoli e mezzo fa, vi era una delle più ricche abbazie benedettine. Il borgo sorge, protetto dalle alte cime del Gran Sasso, della Maiella e del Velino, molto spesso imbiancate dalla neve anche in primavera, lungo le strade percorse per secoli da monaci e pellegrini ed è un luogo che racchiude un tesoro dal valore inestimabile, nascosto agli occhi degli inconsapevoli. Infatti, in quel che resta di un antico complesso benedettino, accanto alla chiesa di Santa Maria Assunta c’è l’Oratorio di San Pellegrino, un piccolo edificio dedicato ad un misterioso santo, con una vita dai contorni tanto oscuri quanto luminose, sono le pitture medievali presenti nel luogo a lui dedicato. Entrando nella piccola cappella ci si trova in un ambiente ricoperto di affreschi, dalle tinte ocra, rosso e blu, un blu prezioso perché ottenuto da veri lapislazzuli. Non si è badato certo a spese per la realizzazione di questo luogo sacro. Secondo il Chronicon Vulturnense fu proprio Carlo Magno a finanziarne la costruzione, per onorare il misterioso santo di origine siriana, vittima di martirio, quando arrivato in Abruzzo gli apparve in sogno. Ma un’altra spiegazione per l’onerosa elargizione porrebbe essere invece legata a motivi politici, vista l’importanza che avevano i monaci benedettini nella zona. Certo è che in questo luogo lontano da tutti e tutto, anche dalla ortodossia della chiesa stessa, i preziosi tesori sono sopravvissuti alla decadenza della storia. Tra le mura di questa arcaica costruzione in pietra è in effetti custodito uno dei pochi esempi in Italia di calendario medioevale ben conservato. Gli abili pittori, assoldati dall’abate Teodino, nel 1263. sono riusciti a rappresentare pregevolmente il segreto dello scorrere del tempo e dell’alternarsi delle stagioni, ma non solo. Tra i colorati affreschi emergono storie narrate dai vangeli apocrifi e molto spesso sconosciute, come l’importante presenza di Maria Maddalena nella vita, nella passione e nell’esistenza ultraterrena di Cristo.

Ma Bominaco non riserva al turista solo questa sorpresa. Sulla sommità della collina infatti, fa capolino un imponente castello, che sembra osservare silenziosamente gli abitanti. È collegato al paese da una strada acciottolata che si inerpica fino alla cima e da dove si apre una vista a 360 gradi sulle montagne circostanti e sull’intera vallata. Tra le mura difensive dell’antico maniero in passato sorgeva una cittadella con abitazioni e botteghe, ora ci sono solo rovine. Mentre invece la torre cilindrica si innalza tutt’ora intatta come l’ultimo baluardo, incutendo ancora oggi soggezione. Dall’alto solo il vento freddo che attraversa il silenzio e fa muovere le fronde degli alti alberi, gli fa compagnia, ricordandogli l’antica importanza strategica che svolgeva in passato nella tutela del territorio circostante.

Ma è anche con una sosta all’unico agriristoro del paese che si possono riscoprire le antiche origini del territorio. Attraverso i sapori genuini della cucina, tramandate con sapienza di generazione in generazione, infatti, le tradizioni sopravvivono ancora.

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