San Giacomo, una passeggiata nella “Rue Mouffretard” triestina, tra osterie, bancarelle, mici e gabbiani.

Il rione di San Giacomo a Trieste è uno degli storici quartieri del capoluogo giuliano. Non si trova vicino al mare e non conta la presenza di musei nelle vicinanze, ma è sicuramente uno dei più folcloristici di Trieste. Da sempre abitato da famiglie di operai italiani e sloveni, è stato nel passato più volte teatro di rivolte dei lavoratori contro il potere padronale, refrattario nell’accogliere le loro richieste. Ancora oggi geloso delle proprie piccole realtà, San Giacomo è un quartiere molto più popoloso rispetto ad altri rioni del capoluogo giuliano. Motivo questo per cui vanta una stupefacente sovrabbondanza di esercizi commerciali, scuole e attività ricreative, disposte quasi tutte lungo la via principale ed intorno alla piazza, denominata Campo San Giacomo. Al centro di questo pittoresco slargo si erge l’omonima chiesa, edificata tra il 1851 e il 1854, attorniata dalle bancarelle dei fiorai e dei fruttivendoli, come una Montmatre, senza i pittori, una Pigalle meno trasgressiva ed una Rue Mouffretard senza troppi studenti.

È davvero suggestivo immergersi nel “formicolare” dei passanti con le mani piene di piccole buste della spesa. Oltre agli esercizi commerciali è presente anche un’altissima concentrazione di vecchie osterie, quelle veraci, che mantengono le caratteristiche della triestinità più vera. Ai tavoli di legno le tipiche “bobe” locali, (ragazzacci un poco sopra le righe, spesso invecchiati male), che amano trascorrere parte della giornata davanti ad un calice di vino, magari accompagnato da cubetti di mortadella, rigorosamente tagliata a mano. Al banco anche qualche “baba”, (termine triestino leggermente dispregiativo che descrive le donne chiacchierone), di solito a gruppetti di due, che danno tregua ai loro racconti solo per sorseggiare un caffè o una bibita.

Passeggiando per il quartiere triestino è d’obbligo visitare l’ultimo antico lavatoio della città. Tra le sue mura è presente una mostra permanente, che ben illustra il duro lavoro delle lavandaie. Un percorso originale consigliato a chiunque voglia immergersi e conoscere il passato.

Altri simpatici indigeni locali sono i paffuti felini sonnacchianti, impegnati a scaldarsi al sole, che però devono spesso condividere il cibo portato loro dagli umani con i gabbiani reali. Qui infatti i pennuti, dalle piume bianche e grigie, che con i loro voli pindarici sembrano fare abilmente slalom tra le facciate dei condomini ed i panni stesi, alla fine sono i meglio intonati all’atmosfera freak di questo pittoresco ambiente urbano.

Condividi su:

Facebook
X
Telegram
WhatsApp
Email