Dieci giorni sull’altipiano, vacanza tra natura, memorie e storie di guerra.

A pochi chilometri dalla ridente cittadina di Bassano, in mezzo ad un verde e lussureggiante pianoro si trova “la spettabile reggenza dei 7 comuni”, un’unione montana composta da Asiago, Rotzo, Roana, Gallio, Enego, Lusiana, Conco. Fin dai tempi del medioevo questi borghi hanno gestito il loro territorio mediante le decisioni della collettività, come indicato dal diritto germanico e goduto di una certa autonomia sia in campo economico, con l’esenzione dalle tasse e dagli oneri, che in campo amministrativo. Oggigiorno le splendide e curatissime cittadine dei monti veneti accolgono sia in estate che in inverno migliaia di turisti con le loro piste da sci, gli itinerari per mountain bike e cicloturismo o le semplici escursioni. Ma accanto allo svago e al divertimento non passa inosservata la profonda ferita che la Grande Guerra ha inflitto in questi territori. A ricordarlo ci sono trincee, postazioni e fortini militari, alcuni trasformati i musei ed il grande sacrario di Asiago, chiamato ossario del Leiten, dal nome del colle sulla cui sommità è stato eretto e dove riposano per l’eternità i resti di 54.286 soldati, italiani ed austro-ungarici. Ogni qualvolta ci si avventuri sulle vette dell’altopiano, le scene di guerra narrate da Emilio Lussu nel suo libro “Un anno sull’altopiano” riaffiorano nella mente. Le sofferenze degli uomini durante le battaglie, l’atmosfera di paura prima di un’offensiva e durante i bombardamenti dell’artiglieria avversaria, le enormi perdite per conquistare pochi metri di terreno e il cognac come mezzo per farsi forza e affrontare l’ignoto. Salendo sul monte Ortigara si ricorda il calvario degli alpini, sul Lemerle il martirio dei fanti, sul monte Fior e sullo Zebio quello della brigata Sassari e sul monte Cengio le eroiche gesta dei granatieri, dove la leggenda racconta che durante l’ Offensiva di Primavera del 1916 operata dagli austriaci con la volontà di invadere la pianura veneta e isolare il fronte dell’Isonzo dal resto della penisola, gli eroici militi italiani, nel tentativo di frenare l’ avanzata nemica, rimasti senza munizioni, si avvinghiarono in un corpo a corpo con gli assalitori trascinandoli con se nel precipizio, il cosiddetto “salto dei Granatieri”. Ma anche semplicemente girando per le curatissime vie di Asiago, colpiscono gli occhi del visitatore attento i ricordi del passato, come ad esempio l’uso dell’arrugginito filo spinato, probabilmente proveniente dalle trincee delle zone limitrofe, per le recinzioni di campi adibiti a pascolo o anche di parchi giochi per bambini. Seppure rimanga misterioso il motivo di tale scelta, si può pensare che, anche se i frequentatori dei ridenti borghi gremiti di bar, trattorie, negozi e malghe sembrano aver dimenticato i passati orrori è sempre importante soffermarsi qualche minuto a riflettere su quanto immaginavano i soldati sotto il fuoco dell’artiglieria nemica e alle dure parole di Primo Levi che come un monito ricordava la necessità di non cancellare la memoria del passato affinché tali atrocità non possano tragicamente ripetersi.

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