Il Vittoriale, “una gemma rara” vista attraverso gli occhi di un’adolescente.

Ricordo ancora il viaggio organizzato dai miei genitori per festeggiare il buon voto al mio esame di maturità. Avevano scelto come destinazione il lago di Garda. Per me era la prima delle tante avventure che mi avrebbero poi accompagnato negli anni a venire. Emozione, curiosità e voglia di scoprire, questi erano i sentimenti che si alternavano dentro di me. Tra le diverse località del Benaco scelte per i giorni di vacanza c’era Gardone Riviera, elegante cittadina adagiata sulla costa ovest del lago. Meta turistica significativa alla fine del 18° secolo, perché considerata da influenti dottori tedeschi benefica per la salute, ma a me cara per altri motivi.

Gardone Riviera e il Vittoriale. Un’immersione tra bellezza naturale e patrimonio storico.

Qui, all’interno di un terreno molto vasto, si trovava il “Vittoriale degli italiani “, proprietà di Gabriele D’Annunzio dal 1912 al 1938. Tra piazze, vialetti e fontane, si poteva scorgere quel piccolo edificio che ospitò il poeta, chiamato “la Prioria”, ovvero la casa del frate priore, come amava definirsi il vate. Nascosta tra il verde circostante c’era anche la sua tomba, un teatro all’aria aperta e la Nave Puglia, una barca incastonata nella collina, celebre perché protagonista di molte battaglie nella Prima Guerra Mondiale e sulla quale trovò la morte Tommaso Gulli.

Gabriele D’Annunzio. Genio letterario e figura controversa del Novecento Italiano 

A scuola conobbi il poeta Gabriele D’Annunzio, studiando le sue poesie e i suoi racconti. Ero rimasta affascinata dalla “pioggia nel pineto”, magica lirica dal ritmo musicale, composta nel 1902 e dedicata alla grande attrice dell’epoca e sua compagna Eleonora Duse. La curiosità di comprendere più a fondo gli aspetti della sua originale vita mi hanno accompagnato per molto tempo. Crescendo l’ho rivalutato come uomo, riconoscendogli aspetti del carattere e difetti che lo rendono un personaggio contestabile, ma pur sempre originale e geniale. Arso dal demone del protagonismo e dal bisogno di attivismo sostituì per un periodo perfino il suo ruolo di letterato con quello di eroe, lanciandosi in diverse imprese belliche, talvolta alquanto discutibili. Un essere umano dalle mille contraddizioni, sognatore e raffinato, poeta e soldato, amante insaziabile e fantasioso, ma anche cinico con le donne che lo hanno amato e che furono piegate al suo esclusivo piacere, per poi essere bruscamente abbandonate ed entrare velocemente nell’oblio. Sospeso tra storia e mito, “avido di silenzio dopo tanto rumore e di pace dopo tanta guerra” ha lasciato intorno a se un alone di magia.

Il Vittoriale degli italiani. Un viaggio nel cuore della storia e dell’arte di D’Annunzio

Era un’assolata giornata estiva ed una lunga coda di persone aspettavano per accedere alla casa del Vate. Appena oltrepassato l’ingresso sette gradini conducevano ad un pianerottolo, la cui sommità era divisa da una colonna francescana. Da qui a gruppi di dieci si poteva finalmente entrare nel sancta sanctorum dell’abitazione del poeta, rimasta integra dopo la sua morte. Subito si veniva accolti da un regno d’ombra, dove la luce del mondo esterno, ad eccezione della sua stanza da lavoro, non arrivava mai, se non filtrata da tendaggi decorati e da vetrate variopinte. Tutto ciò contrastava con le sue parole piene di luce, ma poteva essere ricondotto alla perdita dell’occhio destro durante la sua partecipazione ad eventi bellici nel 1914 e all’ angoscia con cui aveva trascorso i giorni della sua convalescenza.

Il Vittoriale. Lo stile unico e personalissimo del Vate.

Nell’insieme suggestivo degli ambienti da subito emergeva il suo stile personalissimo. Il complesso poteva  entusiasmare, non piacere, ma non lasciare totalmente indifferenti. Dappertutto si percepiva in modo penetrante il gusto per la raccolta dei cimeli che ricordavano soprattutto i momenti eroici della sua vita. I vetri, gli argenti, i tappeti, i libri disseminati nelle stanze, tutte tracce del “vivere inimitabile” come lo chiamava il poeta-vate. Ovunque spiccavano versi celebri, motti, frasi poetiche dello stesso D’Annunzio, scaturite dalla sua volontà di distinguersi e di colpire il visitatore.  Ogni luogo racchiudeva un significato profondo. A esempio la stanza dello “scrittoio del monco”, dove a dare il benvenuto vi era una mano mozzata e scorticata, recante la scritta “recisa quiescit”, a significare l’impossibilità del poeta di rispondere alle numerose lettere che riceveva ogni giorno. Oppure il passaggio che conduceva all’Officina, il luogo ove D’Annunzio lavorava. Per entrare infatti bisognava salire tre scalini, sormontati da un’architrave recante il motto “Hic opus, hic labor est” (Qui è l’opera, qui è il lavoro), tanto bassa che per entrare si era costretti ad abbassare il capo, in modo da rendere omaggio all’arte che qui vi nasceva.

O ancora la cosiddetta “Stanza del lebbroso”, una delle più insolite ma anche delle più ricche di significato. Nel Medioevo infatti il lebbroso era una persona sacra toccata da Dio ed in questo senso molto sacra al poeta. Vi si accedeva attraverso uno stretto corridoio ed in questo luogo mistico, dove egli si ritirava a meditare nelle circostanze drammatiche, come la ricorrenza della morte della madre, di Eleonora Duse, o avvenimenti di guerra, si percepiva intensamente il senso della morte. E’ qui infatti che per disposizione precisa del poeta la sua salma fu deposta e vegliata da Giancarlo Maroni.

“La Prioria”, uno sguardo critico sulla dimora del Vate.

Dopo molti anni dalla mia visita adolescenziale ho deciso di ritornare alla Prioria. Sicuramente questa volta l’ho gustata con occhi diversi, forse più critici, ma molto più attenti ai particolari. Ne sono uscita ancora una volta emozionata e nella mia mente porto ancora stampati i versi che Gabriele D’Annunzio ha lasciato al visitatore all’ingresso della sua casa: “Teco porti lo specchio di Narciso? Questo è piombato vetro o mascheraio. Aggiusta le tue maschere al tuo viso, ma pensa che sei vetro contro acciaio!”

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