Anche quest’anno si avvicina il periodo più gioioso e suggestivo dell’anno, il Carnevale, un intervallo di pochi giorni, unico e inconfondibile, durante il quale molte persone si travestono e festeggiano con balli mascherati o variopinte sfilate a suon di bande, fischietti e trombette. Si tratta di una celebrazione legata al mondo cattolico e cristiano, anche se la sua origine va ricercata in epoca pagana e precisamente nei Saturnali del periodo romano o nelle feste dionisiache del classicismo greco. Già durante queste antiche ricorrenze era concesso lasciarsi andare, scordare doveri ed obblighi e dedicarsi ai giochi e alle burle. Tutti avevano la possibilità di divertirsi senza pensieri e sentirsi per una volta al pari dei potenti. Cosi lo schiavo poteva considerarsi libero, il servitore diventava padrone, lo scemo del villaggio indossava la corona del sovrano e la classe nobile poteva essere derisa, anche perché terminate le feste si ritornava al rigore e all’ordine nella società.
La parola Carnevale potrebbe derivare da “car navalis”, un rito egizio dove la nave sacra di Iside, veniva portata in processione su di un carro, a simboleggiare il passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti. Oppure potrebbe discendere dal latino, con “carnem levare”, ovvero togliere la carne, alludendo a quanto previsto nella Quaresima, periodo di astinenza e digiuno, secondo i dettami cristiani, che incomincia proprio all’indomani del martedì grasso.
Nel Friuli Venezia Giulia, a pochi passi da Venezia e dalle sue splendide usanze carnevalesche, primeggia “el carneval de Muja”, attorniato da quello di Trieste e quello di Monfalcone, dove Re carnevale nella tradizione locale è interpretato da Sior Anzoleto Postier e la gente festante si ritrova in “Piaza Granda” attorno al “Pilo” per la consueta “cantada”, una rievocazione delle melodie popolari. A Trieste i festeggiamenti iniziano la domenica precedente il giovedì grasso con la consegna delle chiavi della città al Re e alla Regina del Carnevale. Proseguono il giovedì con la “sfilata delle serve”, una delle più antiche parate che vede protagoniste le balie, come ai tempi in cui portavano a passeggio i figli dei signorotti locali su eleganti carrozzine agghindate a festa e si concludono il martedì grasso con il “Palio di Trieste”, la sfilata delle maschere proposte dai vari rioni cittadini. La consuetudine di far baldoria a Muggia invece risale al 1420. L’apertura dei festeggiamenti ha luogo il giovedì grasso con il “ballo della verdura”, dove uomini e donne agghindati con ortaggi, archi dorati e arance danzano insieme coinvolgendo gli spettatori con la loro allegria. Il momento più atteso della manifestazione muggesana però si celebra la domenica, con la sfilata dei coloratissimi carri allegorici, frutto di un paziente lavoro che avviene in cantine e capannoni durante i mesi precedenti la manifestazione.
In un clima festoso e goliardico, travolti da una pioggia di coriandoli e stelle filanti, da sempre i partecipanti vestono i panni inconsueti del costume che decidono di rappresentare. Le maschere sono le protagoniste principali e la scelta del personaggio da personificare diventa per grandi e piccini oggetto di originali fantasie. I travestimenti sono sempre stati presenti in ogni cultura, sia che raffigurassero antenati o defunti per i riti in loro ricordo, sia che emulassero animali, oppure permettessero di invertire ruoli della società, cosi che il ricco ed il povero fossero irriconoscibili e scomparissero le differenze sociali. Essi hanno avuto nel corso dei secoli sia scopi teatrali che goliardici, ma c’è una cosa che accomuna tutti gli usi di maschere e travestimenti ed è la perdita dell’identità da parte di chi li utilizza. Ma se camuffandosi lo schiavo può sentirsi libero e il povero può insultare senza remore un personaggio illustre, forse allora il travestimento altro non è che il veicolo per poter rivelare una parte di noi stessi che non oseremmo esprimere nel ferreo ordine costituito della società. Come l’attore che interpretando un personaggio vive una vita momentaneamente parallela alla sua, così una persona che si maschera ha la possibilità di assumere le caratteristiche di qualcun altro, solitamente molto diverso da lui. La psicologia è solita attribuire al travestimento una funzione protettiva di un desiderio rimosso, un filtro sociale e relazionale tra il soggetto ed il mondo. Come raccontato da Pirandello la scelta di una nuova identità altro non è che un modo paradossale di togliersi il travestimento che indossiamo quotidianamente ed uscire dal personaggio che abbiamo costruito o che gli altri ci hanno cucito addosso.
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