CIMITERO DI SANT’ANNA. UN PEZZO DELL’ANTICO EGITTO IN CITTA’….

Che Trieste sia da sempre stata affascinata dall’ arte egizia è un dato di fatto, confermato non solo dall’importante collezione presente nel Museo d’antichità J.J.Winkelmann, composta da  steli funerarie, vasi canopi, statue di divinità e perfino da sarcofagi.

L’attrazione per quest’antica civiltà non è però rimasta chiusa solo nelle sale museali, è riuscita ad evadere, seducendo i cittadini comuni, oltre che gli amanti dell’occulto.

Ma a parte la sfinge di Miramare, alcuni obelischi in città ed i reperti che finivano esposti nel salotto della borghesia, non ci si aspetterebbe di trovarne traccia anche nel cimitero cittadino.

Quando nei primi decenni dell’ottocento, i luoghi di sepoltura furono spostati al di fuori del centro abitato, anche a Trieste,  sotto l’amministrazione austroungarica, venne inaugurato il cimitero di Sant’Anna.

Con il suo ingresso monumentale e l’immagine dell’uroboro, il serpente che si mangia la coda e simboleggia l’immortalità dell’anima, era situato in una zona allora molto lontana dal centro abitato.

Sulla sommità del colle da cui prende il nome, racchiude ancor oggi le spoglie di molti uomini e donne passate a miglior vita e come un diario racconta, attraverso i monumenti di grande valore artistico, ospitati al suo interno, la storia di questi concittadini più o meno illustri che non ci sono più. In un mosaico di anime, serbi-ortodossi, ebrei, islamici e protestanti rappresentano l’aspetto ultraterreno della Trieste multietnica e multireligiosa. Inaspettatamente però, è proprio fra le tombe cattoliche che si trovano monumenti funebri dal chiaro richiamo egizio. Fra una croce ed una lapide spezzata ci si può imbattere in una sfinge che vigila sulla memoria di un defunto, oppure in un disco solare alato, simbolo fondamentale dell’arte sacra di questa antica cultura.

Nell’ambito del culto dei morti, la credenza della vita dopo la morte ha sempre caratterizzato tutte le religioni del mondo e gli antichi egizi non si sono sottratti a questa convinzione.

Anzi, essi sono conosciuti proprio per le loro tradizioni, i culti religiosi ed i rituali molto complessi, che accompagnavano l’anima del defunto nel suo lungo viaggio ultraterreno tra mille insidie e pericoli,  per concludendosi davanti ad Osiride e agli altri dei. Molti simboli scaramantici erano presenti nel contesto funebre egizio.

Il disco solare alato normalmente viene ricollegato alla divinità, alla regalità, al potere, incarnato nella figura del Dio Horus e al suo ruolo di supporto e protezione, che attraverso le ali del falco fungono da intermediario tra gli uomini e la divinità.

Anche la sfinge, una creatura dallo sguardo enigmatico, il corpo leonino e la testa maschile nell’antico Egitto era un guardiano spirituale, un simbolo protettivo che serviva ad augurare una serena vita al faraone nell’aldilà.

In certe tombe triestine è possibile addirittura imbattersi in decorazioni che riproducono geroglifici, tanto che sembra di trovarsi  nella piana di Giza, o ancor meglio a Luxor nella Valle dei Re.  Eppure il nome sull’epigrafe non lascia spazio ad alcun dubbio, si tratta di famiglie locali. Viene allora spontaneo chiedersi se si tratti solo di un abbellimento, che richiama lo stile dei monumenti egizi oppure di una sapienza arcana, magari affascinata dall’esoterismo o appartenente agli ambienti massonici, trascritta in modo enigmatico su queste lapidi.

Nella rilettura di queste immagini secondo una visione occulta infatti, il cerchio è il simbolo della perfezione, perciò  chi ha scelto di raffigurarlo sulla sua tomba magari voleva esprimere per l’ultima volta la sua appartenenza ad una corrente sapienziale dedita alla ricerca dello spirito, oppure covava dentro la sua anima semplicemente la speranza che quel simbolo avesse davvero il potere di proteggerlo dalle insidie oscure del regno delle ombre.

Per quanto attiene ai geroglifici, secondo l’egittologo triestino Andrea Vitussi, la maggior parte degli ideogrammi presenti a Sant’Anna non riproduce frasi di senso compiuto. E’ possibile però che le figure vogliano comunque trasmettere un messaggio, magari non composto secondo la grammatica egizia, ma con una lettura prettamente simbolica.

È dunque in un senso esoterico e non filologico che dobbiamo leggere le numerose iscrizioni egizie sulle tombe triestine? Se su una tomba c’è ad esempio un obelisco di forma piramidale e sulla cima svetta una stella a cinque punte si porrebbe trattare di un celebre elemento massonico?

Non ci resta che percorrere i verdi vialetti, sederci nel silenzio e meditare con rispetto su questi affascinanti misteri. E se anche potrebbe sembrare bizzarro scegliere un camposanto come meta per una passeggiata, perché la morte  è un argomento che da sempre spinge i nostri pensieri verso riflessioni tristi, ricordiamo che sono pur sempre considerazioni non prive di fascino.

La morte infatti rappresenta da sempre per l’uomo  il suo più grande mistero, perché chi l’ha raggiunta non ce lo può più raccontare!

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