Giornate FAI a Trieste. La Galleria dei Sindaci del Palazzo del Municipio.

In occasione delle Giornate Fai d’Autunno, a Trieste si sono dischiuse le porte del Palazzo del Municipio, sede del Comune di Trieste, solitamente non aperto al pubblico. Giunta alla dodicesima edizione, la manifestazione, organizzata dal Fai-Fondo Ambiente Italiano, rappresenta da sempre l’evento principale nell’ambito dell’attività di sensibilizzazione e raccolta fondi a sostegno del patrimonio culturale e ambientale del nostro bel paese. Accompagnati dai volontari, che si sono messi a disposizione dei visitatori giunti anche quest’anno molto numerosi, è stato davvero piacevole varcare la soglia della Sala del Consiglio Comunale, dove normalmente si svolgono le sedute politiche. Dominata dallo splendido quadro di Cesare Dall’Acqua “Allegoria alla prosperità commerciale di Trieste”, che simboleggia l’agiatezza e l’abbondanza che deriva dai commerci, comodamente seduti sugli scranni lignei che fanno da contorno alla Sala, è stato possibile ammirare la magica Piazza dell’Unità d’Italia da una prospettiva diversa, quella che si gode dalle finestre del Palazzo.

Durante il percorso di visita non è stato trascurato il Salotto Azzurro, sede istituzionale del Sindaco e sala dove vengono ricevuti i personaggi illustri e autorità di passaggio in città, nonché la Galleria dei Sindaci, dove sono esposti i ritratti di tutti coloro che hanno ricoperto la carica di primo cittadino a Trieste nel corso degli anni. Tra le figure di spicco qui presenti troviamo Francesco Hermet, che  si è distinto come personalità importante nell’ambito culturale, nella vita politica ed in quella commerciale della città, Gianni Bartoli, segretario della Democrazia Cristiana, oltre che Direttore del Conservatorio Tartini, del Consorzio per l’Aeroporto Giuliano e del Lloyd Triestino ed Enrico Paolo Salem, denominato “podestà picon” per la sua frenetica attività urbanistica migliorativa della città, che malgrado la sua convinta militanza nel partito di Mussolini, fu considerato un fascista imperfetto a causa delle sue origini ebraiche, che lo costrinsero ad abbandonare la sua carica e la città dopo la promulgazione delle leggi razziali.

Il palazzo, costruito tra il 1873 e il 1875, su un terreno rubato al mare da progressivi interramenti, nato dal progetto dell’architetto triestino Giuseppe Bruni, è caratterizzato da una bella facciata in stile eclettico che gli conferisce una monumentalità ed imponenza di grande effetto. Molto amato dai triestini, è soprannominato affettuosamente la Cheba (per la struttura a forma di gabbia) o Palazzo Sipario (in quanto all’epoca della sua costruzione nascondeva la Cittavecchia ed inoltre assomiglia ad un fondale scenografico di un palcoscenico aperto sul mare), o ancora più entusiasticamente, Budel de Lionfante, Castel de Mandorlato o Crocante. Fu salvato dalla sua demolizione, pensata in favore di un edificio di stile neomedioevale simile a quelli presenti nei paesi nordici, proprio dalla popolazione locale che si oppose a tale decisione organizzando un’infiorata che coprì di piante fiorite le logge, i balconi e le finestre. Ospita attualmente al pianoterra, nella “Sala Tergeste “, i matrimoni civili, permettendo a tutte le persone che vogliono vivere il loro giorno più bello nella cornice indimenticabile della Piazza dell’Unità d’Italia.

Sulla sommità del corpo centrale, a lato della campana, sulla torre del palazzo, fanno capolino due paggi in zinco, chiamati Mikeze e Jakeze, (Michele e Giacomo), portafortuna del capoluogo giuliano, i quali sollevando un martello battono le ore e dall’alto silenziosamente controllano ciò che accade in città. Sono stati anch’essi silenti testimoni della promulgazione delle leggi razziali nel 1938 da parte di Mussolini, avvenuta proprio da un palco eretto vicino al Municipio e forse hanno salutato con qualche rintocco della campana, il 4 novembre 1954, insieme con il Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi ed il sindaco, la folla accorsa in occasione dei solenni festeggiamenti per il ritorno dell’Italia a Trieste. Certo è che da quelle date tanto tempo è passato e chi meglio di loro non se ne rende conto, scandendo le ore tutti i giorni. Ma visto che per i due Mori non è prevista una data precisa per il pensionamento, frustati dalla bora o accarezzati dalla brezza marina, sono sempre lì davanti a quel mare e a quel cielo a salutare chi passeggiando per la splendida piazza dell’Unità d’Italia alza gli occhi per cercarli.

 

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