Trieste, città di frontiera sospesa tra il mare e il Carso, ha sempre portato con sé una dualità che ha segnato la sua storia e plasmato la sua anima. Da una parte c’era la Trieste scontrosa e verace, quella delle osterie impregnate del profumo di vino e caffè nero, frequentate da gente del popolo, pellegrini, soldati e abitanti del Carso. Dall’altra, la Trieste borghese, elegante, dominata dai salotti raffinati e dall’élite culturale e mercantile che animava le strade del Borgo Teresiano e del centro storico.
L’Anima Popolare: Osterie e Tradizione
La Trieste popolare era un microcosmo di voci, profumi e storie che si intrecciavano nelle osterie, luoghi simbolo della convivialità. Questi spazi in passato accoglievano marinai di passaggio, contadini scesi dal Carso con le loro merci e soldati dell’Impero asburgico in cerca di ristoro. Qui si beveva il refosco e si assaggiavano piatti semplici ma saporiti, come il “gulasch”,”la jota” e le “sardelle in savor”.
Le osterie erano il cuore pulsante della vita quotidiana, luoghi dove si discuteva di politica, ci si scambiavano notizie e si intonavano canti popolari. La lingua predominante non era solo l’italiano, ma un caleidoscopio di dialetti triestini, sloveni, tedeschi e croati, che riflettevano la multiculturalità della città.
L’influenza del Carso era forte. I contadini portavano non solo prodotti, ma anche tradizioni e storie. La Trieste delle osterie era un mondo autentico, spesso rude, ma sincero, dove il senso di appartenenza era definito dalla terra e dalla fatica quotidiana.
La Trieste Borghese: Eleganza e Cultura
Contrapposta a questa anima popolare, la Trieste borghese era il regno della cultura e del commercio. Nelle sue case signorili, i salotti ospitavano conversazioni intellettuali in cui si parlava di letteratura, scienza e politica. Era la Trieste delle famiglie di mercanti, che avevano costruito la loro fortuna grazie al porto franco e agli scambi internazionali.
In questi ambienti, si respirava l’influenza mitteleuropea. La musica di Strauss risuonava nei saloni, i libri di Goethe e Schiller venivano letti e discussi e le tradizioni culinarie si arricchivano di ricette sofisticate. L’arte e la moda seguivano le tendenze viennesi e il teatro diventava il simbolo dell’identità culturale della città.
Un Contrasto che persiste
Queste due anime di Trieste, così diverse, si sono spesso guardate con sospetto. La Trieste delle osterie era vista dalla borghesia come caotica e volgare, mentre quella borghese era percepita dal popolo come distante e artificiale. Eppure, proprio questo contrasto ha reso la città unica, un luogo dove la rude schiettezza del popolo si intrecciava con l’eleganza mitteleuropea.
Ancora oggi, passeggiando per le strade di Trieste, si può percepire questa dualità. Ci sono ancora alcune osterie tradizionali che resistono accanto ai caffè storici frequentati da intellettuali e turisti, mentre il vento del Carso soffia sulle piazze ornate di palazzi asburgici.
Ed è in questo dialogo costante tra passato e presente, tra popolo e borghesia, che Trieste continua a raccontare la sua storia.