Le escursioni tematiche di ‘Kaiserfest’ svelano la storia e le curiosità di Palazzo Mauroner

Numerose le persone che sono accorse per la visita guidata a Palazzo Mauroner, organizzata nell’ambito della  settima edizione di Kaiserfest, in programma dal 26 ottobre al 3 novembre. L’atteso evento, ideato  da Altamarea di Silvio Pozenu, con il patrocinio del Comune di Trieste ed in collaborazione con l’Associazione Trieste Ottocento APS e l’Agenzia di Viaggi Mittelnet, oltre a celebrare il legame storico tra Trieste e l’Impero Austroungarico con sfilate, balli in costumi d’epoca ed esibizioni bandistiche, ha organizzato diverse escursioni culturali tematiche, per permettere di conoscere aspetti inediti della città. Accompagnati dallo storico dell’arte Dott. Luca Bellochi, turisti e concittadini hanno potuto girovagare tra le sale del Palazzo sito al civico 34 di Via Torino, normalmente chiuso al pubblico perché sede di attività commerciali e residenze private.

Una figura austera, con elmo e cimiero, dallo sguardo indecifrabile ha accolto i visitatori dall’alto del portone dell’edificio in stile neoclassico, situato nel cuore del centro storico cittadino e destinato in passato all’agiata borghesia. Testimone silenzioso di un’epoca passata, la maschera di pietra ancora oggi si esibisce sulla facciata principale dell’elegante palazzo che fu fatto costruire nel 1821 da Leopoldo Mauroner, comandante della milizia territoriale, su progetto dell’architetto Matteo Pertsch. Vista la professione del committente non stupisce la scelta di questa immagine marmorea e la sua somiglianza con i “panduri”, soldati ungheresi conosciuti per la loro ferocia, che giunsero in città tra il XVII e XVIII secolo attirati dal benessere cittadino ed in cerca di un impiego ben remunerato come guardie del corpo.

L’edificio contraddistinto dall’elegante simmetria e sobrietà dei dettagli, tipiche dello stile neoclassico, richiama ancora oggi la compostezza delle residenze nobiliari del periodo, conferendogli un’aura di prestigio. Basta oltrepassare il bellissimo portone ligneo per trovarsi proiettati all’interno di un enorme atrio. La prima sorpresa va colta con il naso all’insù. Un grande lampadario troneggia sul soffitto tra le ricche decorazioni in stucco che scendono poi anche sulle pareti, mentre sul fondo si apre uno scalone marmoreo accompagnato da una figura in bronzo, che può essere interpretata come l’allegoria della navigazione, della speranza, oppure della gloria di Trieste. Accanto alla piccola portineria ancora abitata, testimonianza preziosa di una società ormai in via di estinzione, si apre il delizioso giardino d’inverno, decorato amabilmente da una fontana di fattura rinascimentale. Si tratta di una piccola estensione della casa verso l’esterno, ricca di piante e fiori, che permettendo di vivere tutto l’anno il contatto con l’outdoor sembra quasi voler abbracciare la natura circostante.

Salendo lo scalone marmoreo alle cui estremità si ergono due imponenti colonne doriche a sezione cilindrica ed ammirando i quattro deliziosi puttini reggi lampada, di probabile provenienza franco tedesca, rappresentanti l’allegoria della pesca, della vendemmia, della caccia e della raccolta del miele, si giunge al piano nobile.
Si dice che in passato i saloni del palazzo ospitassero affreschi e stucchi pregiati, oltre ad essere arredati con mobili di fattura eccellente, commissionati ai migliori artigiani dell’epoca. Non risulta difficile crederlo visto che nel 1854, dopo la morte del vescovo Leonardis, affittuario dell’immobile dal 1823 alla sua morte, il fabbricato passò al ricco negoziante Alessandro Covacevich, capo della comunità greco-ortodossa e poi al figlio Giovanni, che ne fu proprietario fino al 1911.

Parte di questa decantata bellezza è giunta a noi ed è ancora visibile in una delle stanze del secondo piano. Colori accesi alle pareti, il soffitto decorato con figure “sansovine”, (che prendono il nome dai disegni dell’artista Jacopo Tatti detto il “Sansovino”), stucchi bianchi con temi dai richiami erotico-mitologici, allegorici e araldici sopra le porte, un delizioso caminetto di impronta arabeggiante all’angolo ed una piccola collezione di quadri provenienti dai maggiori pittori triestini, come GrimaniCroattoParini e Levier riportano il visitatore all’agiata vita dell’ottocento.

Queste stanze sono state in passato sicuramente testimoni di numerosi eventi mondani e politici con l’élite triestina ed internazionale, che era solita riunirsi per ricevimenti, balli e incontri culturali. Oggi l’edificio è di proprietà della famiglia Stock e, come molti altri immobili storici di Trieste, rimane una testimonianza vivente di quella stratificazione culturale e storica di una città che era e rimane in continua evoluzione.

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