Osteria Da Libero. Il sapore delle tradizioni e delle storie di Trieste.

In via Risorta, nel cuore della città giuliana, a cento metri da una delle case dove visse Joyce e dove iniziò a scrivere il suo capolavoro “Ulisse”, tra le viuzze che profumano di storia e salsedine, ancor oggi c’è un piccolo ristorantino. Si potrebbe confondere con uno delle tante trattorie presenti in città, ma in realtà questo piccolo esempio della ristorazione triestina sorge esattamente dove negli anni sessanta fu aperta ” l’Antica Hostaria da Libero”, un luogo ricco di antiche tradizioni culinarie e culturali.

Un’osteria con un’anima

L’Osteria nasce per opera di Libero Laganis, istriano, originario di Portole. Un oste vecchia maniera, dalle idee bizzarre, (celebre il suo progetto per raddrizzare la Torre di Pisa), ma amato da tutti, vecchi e giovani, ricchi e poveri, mascalzoni e signori.

Uomo dall’apparenza burbera, ma in realtà dal cuore generoso, offriva un piatto caldo anche a chi non se lo poteva permettere. Si racconta che la sua trattoria fosse il ritrovo di molti artisti squattrinati, in cerca di fama e successo, che non potendo pagare il conto, lasciavano in pegno all’oste le loro opere. È bello pensare però che alcuni dei quadri ancor oggi appesi alle pareti siano stati dei veri regali, donati con un gesto di amicizia e di riconoscenza verso quell’oste che ha reso celebre questo luogo e che ancora oggi molti ricordano con ammirazione.

Il menù: un viaggio tra sapori autentici

Nerina, moglie di Libero, donna paziente e lavoratrice instancabile stava in cucina e manteneva viva la memoria di un’arte gastronomica che è il risultato dell’incontro tra popoli, culture e tradizioni diverse, dall’Italia all’Austria, dalla Slovenia ai Balcani.

Il menù dell’Osteria Da Libero era pieno di piatti che raccontavano il rapporto della città con il mare, con il Carso e con le influenze mitteleuropee. Tra le proposte più amate, oltre alle mitiche “patate in tecia“, a rotazione c’erano:

Jota“, la tipica zuppa triestina a base di crauti, fagioli e patate, un piatto povero ma ricco di gusto, che riscalda il corpo e l’anima.

Sardoni in savor“, le sarde marinate con cipolle, aceto e uvetta, un classico della tradizione marinara.

Gnocchi di pane“, serviti con sughi ricchi o semplicemente con burro e salvia, a testimonianza della cucina di recupero tipica della città.

Bollito misto”, accompagnato dalle classiche salse come cren (rafano) e senape, un piatto che richiama la tradizione austro-ungarica.

E immancabile lo “Strucolo de pomi”, un dolce semplice e genuino, a base di mele e cannella, perfetto per chiudere un pasto in dolcezza.

Ogni piatto nella sua semplicità era preparato con cura, utilizzando ingredienti locali e rispettando le ricette tradizionali.

Non solo cibo: le storie di Trieste

Oltre ai sapori, ciò che rendeva unica l’Osteria Da Libero era l’atmosfera conviviale e le storie che animavano il locale. Qui, tra un bicchiere di vino Terrano e un piatto di prosciutto del Carso, si incontravano i lavoratori dopo una lunga giornata di attività, gli studenti che facevano “lipe” cioè marinavano la scuola, ma non solo. Qui triestini e visitatori si mescolavano in un clima informale e accogliente.

Una finestra sul passato e sul futuro

Ora che Libero non c’è più, è il nipote Samuele che porta avanti la tradizione. Lui nell’osteria ci è cresciuto e con la stessa passione tramandatagli dai nonni è alla guida del ristorante.

In un’epoca in cui le tradizioni rischiano di essere dimenticate, l’Osteria Da Libero si distingue ancora oggi come custode del passato e ponte verso il futuro.

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