Sistiana è da molti anni alla ricerca di un adeguato sviluppo turisti-alberghiero che la valorizzi appieno. Località situata nel punto più stretto dell’Italia, tra il confine ed il mare, è la porta d’accesso a Trieste. Piccolo rifugio che abbraccia quel tratto di costa che va dal castello di Duino fino alle amene spiagge in località Costa dei Barbari è da molti anni alla ricerca di un adeguato sviluppo turisti-alberghiero che la valorizzi appieno.
E pensare che, vista la sua invidiabile posizione, in una baia riparata dai venti, già nell’Ottocento fu il luogo ideale per l’agiata società borghese, soprattutto tedesca, apprezzato in particolare per i bagni di mare e le camminate tra il verde.
L’abitudine della balneazione infatti, nacque nel Nord e si diffuse velocemente in tutta Europa, avvicinandosi a tutti i livelli sociali. Anche se ragazzini e marinai erano già abituati a tuffarsi nelle acque del porto per lavarsi, visto il momento storico in cui l’acqua era un bene preziosissimo, ben presto, anche in seguito a numerosi studi che declaravano le proprietà medicamentose delle “tociade in acqua de mar”, venne garantito il piacere ed il salutare vantaggio della talassoterapia anche al resto della popolazione.
Ricordiamo a tale proposito che Trieste e la costa limitrofa furono precursori tra le città europee ed italiane nel concretizzare la costruzione di stabilimenti balneari pubblici. Ma se i litorali adiacenti il centro cittadino, come quello sotto il rione di Servola, quello ai piedi del colle di San Giusto o quello in Sacchetta, presso il Molo Giuseppino, erano frequentati dal volgo durante le calde giornate estive, Sistiana, insieme a Grado divennero delle rinomate località balneari, meta delle vacanze marine dell’aristocrazia dell’epoca.
Verso la fine del XIX secolo, durante il periodo di occupazione austro ungarica, nel piccolo borgo di Sistiana, in seguito al notevole impulso turistico, vennero realizzate alcune strutture alberghiere, come lo Strand Hotel, il Berg Hotel ed il Park Hotel Belvedere, vicino all’attuale società velica Pietas Julia, direttamente sul mare.
Quest’ultimo, edificato tra il 1906 ed il 1909, probabilmente su commissione del principe della Torre e Tasso, in stile liberty, su cinque livelli, era davvero un hotel di lusso. Le camere di maggior pregio stavano nelle torri laterali, con grandi terrazze che dominavano la baia, adornate da ringhiere in ferro battuto. Disponeva di una grande sala da ballo che, insieme alla cucina e alla sala da pranzo, erano localizzate nella dependance, raggiungibile attraverso un collegamento coperto e dove venivano organizzate festose serate allietate da musica, buon cibo e da un paesaggio davvero incantevole.
Purtroppo durante la grande guerra l’albergo subì vari danni e malgrado negli anni seguenti siano state presentate diverse proposte per il rinnovamento dell’immobile, nessuna di queste è mai stata attuata. Dal 1943 l’hotel è inutilizzato e versa attualmente in un forte stato di degrado. Abbandonato al suo destino l’edificio sta letteralmente cadendo a pezzi. All’interno tra rifiuti, calcinacci e scritte con la vernice si distingue ancora qualche segno delle vecchie pitture che caratterizzavano gli eleganti ambienti, mentre all’esterno il verde circostante ha divorato un po’ tutto.
Questa antica dimora storica ed il contesto limitrofo stanno attendendo da lunghi anni che qualcuno decida della loro sorte. Sappiamo che i tempi della burocrazia non sono quelli che i cittadini si aspettano, ma mentre le amministrazioni pubbliche discutono di progetti più o meno accattivanti, dell’impatto sull’ambiente circostante e cercano soluzioni che accontentino gli ambientalisti e si uniformino ai vincoli architettonici imposti dalla Soprintendenza, questo luogo di grande pregio architettonico e paesaggistico non ha ancora trovato la sua veste definitiva ed è lasciato in uno stato desolante.
Viceversa da una decina d’anni, nella zona della vecchia cava di pietra abbandonata, chiamata Cava Africa per le alte temperature che venivano raggiunte sul fondo, è nato Portopiccolo. Si tratta di una vera e propria cittadella turistica esclusiva, composta da residenze dotate di ogni confort, negozi, piscine, saune e palestre, un ambiente elegante e lussuoso, ma destinato soprattutto ad una clientela facoltosa ed internazionale. È stato più volte oggetto di critiche. Da prima per le scelte urbanistiche, che hanno dato vita ad una miriade di case uguali, grigiastre, abbarbicate ad anfiteatro sulla falesia. Successivamente per il recente crack finanziario, che ha coinvolto la società gestore della baia ed ha rischiato di lasciare anche qui l’ennesima cattedrale nel deserto, magari ridotta tra qualche anno in ruderi e semi abbandonata.
Sicuramente è molto difficile per le amministrazioni locali trovare il giusto compromesso tra un ambiente più verde e popolare, ma magari leggermente trascurato ed uno più curato ma cementizzato e magari destinato all’elite. Quello che ci si augura è che le future scelte politiche, riguardanti questo splendido tratto di costa, non impediranno alla clientela locale di poterne beneficiare.
I triestini infatti amano molto il “loro” mare e vi si recano tutto l’anno. Ci vanno per una merenda veloce, per leggere un libro o per una chiacchierata con gli amici o con la fidanzata. Sono li per il primo appuntamento o anche per l’ultimo. Li vedi in spiaggia al primo tepore del sole ma anche “imbacuccati” con la sciarpa fino agli occhi per proteggersi dal vento gelido che gli sferza la faccia. Amano fare le foto dei cavalloni e degli spruzzi. Ci vanno con il cane, a correre o a pescare. E come scrisse Claudio Magris, in un suo articolo pubblicato sul giornale ” Il Piccolo” per i triestini anche solo un tuffo nel mare durante la pausa pranzo, senza tante bracciate, è qualcosa di più di un’ abitudine!”