Una passeggiata nel giardino del barone e nei ricordi d’infanzia.

Il parco di Villa Revoltella l’ho scoperto molti anni fa da bambina, quando nelle mattine d’estate accompagnata da mia mamma andavo lì a giocare. Dopo essere salita a piedi per la via dell’Eremo, varcavo felice il cancello che delimitava il grande parco e nelle giornate afose, sotto l’ombra degli alberi secolari,  percepivo da subito un piacevole refrigerio rispetto alla calura della città. Probabilmente era per questo che già nell’800 il barone Revoltella aveva deciso di costruire qui, in cima al Colle del Cacciatore, la sua residenza estiva.

Colle del Cacciatore, panorami e storia 

Il luogo, disabitato sino alla metà dell’Ottocento, acquisì una certa notorietà quando Ferdinando I fece edificare qui un’elegante locanda, chiamata il Ferdinandeo. Questo fatto convinse il barone ad acquistare in zona dei terreni per commissionare la costruzione di un chalet rustico, circondato da vialetti, aiuole, giardini curatissimi ricchi di alberi e fiori e una serra per piante rare e frutti esotici. Generoso filantropo e mecenate, mirabile esempio di self-made-man, Pasquale Revoltella, era figlio di commercianti veneziani. Arrivò a Trieste nel 1807 e iniziò a lavorare come fattorino presso un agente di borsa mentre la sera, dopo il lavoro, frequentava corsi scolastici. A 30 anni era il proprietario di un’attività commerciale ben avviata ed ebbe un ruolo molto importante per l’apertura del canale di Suez. In seguito a questo fatto, nel 1867 l’imperatore Francesco Giuseppe gli conferì il titolo di barone. La Villa e il suo parco, insieme al più noto Palazzo Revoltella, dislocato in città, sono parte del lascito ereditario da lui ceduto al Comune di Trieste.

Il laghetto della Villa, tra pesci rossi e tartarughe 

Accedendo al grande giardino non era così raro veder sbucare dalla piccola guardiola posta all’ingresso il custode del parco, un uomo di mezz’ età che viveva lì per garantire l’apertura e chiusura giornaliera di quel grande comprensorio. Agli occhi di bambina quell’uomo tarchiato, dai grandi baffi, incuteva un certo timore. A pochi passi dalla sua piccola casa, in mezzo ad una aiuola curata, appariva una composizione di piccole piante grasse che riproduceva la data e che con mio stupore veniva quotidianamente aggiornata, seguendo il susseguirsi dei giorni e delle stagioni. La prima sosta del mio abitudinario giro di bimba era al piccolo laghetto, dove vivevano decine di pesci rossi e neri, alcuni piuttosto cresciuti, in pacifica convivenza con altrettante tartarughe, che nelle giornate di sole rimanevano per ore ferme a scaldarsi sulla riva assumendo pose veramente ridicole.

La chiesa di Villa Revoltella, il cuore religioso di una dimora storica

Situata di fronte al laghetto alla fine di una doppia scalinata si ergeva maestosa la cappella privata della villa, dallo stile neoromanico-neogotico, in pietra bianca d’Aurisina, dove non era così raro assistere alla celebrazione di matrimoni.  Non so spiegare il motivo, ma per me era davvero affascinante entrare nella cripta posta sotto la scalinata della chiesa. Realizzato, insieme alla chiesa, dall’architetto praghese Giuseppe Kranner, quel luogo dove nell’oscurità si intravedevano  due sarcofagi neri, mi trasmetteva inquietudine, ma anche molta curiosità. Chi si celava nei due bronzei sepolcri? Ancora non conoscevo la storia dell’illustre barone Revoltella, né tanto meno immaginavo che li fossero sepolti il ricco signore e sua madre Domenica.

Pinocchio e i giochi di una bambina 

Poi venivo rapita dall’idea dei giochi e scendevo di corsa la scalinata fino alla grande statua di Pinocchio, costruita nel 1955 dal noto scultore triestino Nino Spagnoli, in omaggio al libro di Collodi. L’opera, che rappresenta il burattino nel momento in cui inizia a trasformarsi in asino, posizionata all’ingresso dell’area ricreativa, sembrava quasi un monito per chi, preferendo le attività ludiche alle aule scolastiche, avesse intenzione di marinare la scuola. Tra tutti i giochi presenti nella vasta area, privilegiavo le altalene, la grande giostra ed il campo di pattinaggio che mi ha visto indossare per la prima volta i pattini a rotelle ed ottenere poi ottimi risultati in questa disciplina sportiva.

Lo chalet di Villa Revoltella, l’eleganza e il fascino svizzero nel cuore del parco

Ma l’ultima tappa prima del rientro a casa non poteva che essere la variopinta residenza baronale. Mi ricordava uno chalet alpino con quei particolari in legno colorato ed ammiravo dall’elegante loggia l’incantevole panorama che spaziava sul golfo e la città. Le grandi finestre, sempre ermeticamente chiuse da bianche tapparelle in legno, solleticavano la mia fantasia e con il naso schiacciato sui vetri mi divertivo ad immaginare gli interni di quella misteriosa casa. Sono riuscita a colmare la mia curiosità solo una decina di anni fa quando per un breve periodo lo Chalet è stato utilizzato dal Comune come sala matrimoni e le mie aspettative non sono state disattese. Pochi i mobili presenti al suo interno, tra i quali ricordo in particolare un pianoforte a coda, ma il pavimento in legno finemente intarsiato, gli stucchi e gli specchi già bastavano a far immaginare i ricchi fasti di un’epoca passata.

I segni del tempo non passano inosservati 

Oggigiorno purtroppo l’edificio accusa esternamente un certo degrado. La scaletta di accesso è chiusa dalle transenne a causa di evidenti segni di cedimento. I muri sono in alcuni punti scrostati ed attaccati dalle muffe. Le vernici ormai tendono a sbiadire. Malgrado questo evidente deterioramento l’antica colorata costruzione riesce a trasmettere ancora un fascino decadente, come d’altra parte l’intero comprensorio. Ma chissà se per tutti Villa Revoltella è davvero un luogo così seducente o lo è solo per me perché rappresenta un’illusione  legata ai ricordi d’infanzia?

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